Cammino Formativo delle Figlie di San Giuseppe

RATIO FORMATIONIS
“E Gesù sale sul monte e chiama a sé quelli che voleva lui e andarono da lui. E ne costituì dodici affinché fossero con lui e li inviasse a predicare” (Mc 3, 13-14).
“Il vostro avvenire ha il suo fondamento nel lavoro di questi primi anni”    (P. F. Prinetti, Istr. p. 629, vol. 11).
“La formazione dovrà avvenire come passaggio graduale e cammino progressivo all’acquisizione dei valori, in funzione di un progetto di vita personale da realizzarsi nel piano universale della salvezza” (Cost. n°113).
La formazione è un processo vitale attraverso il quale la persona si converte al verbo di Dio fin nelle profondità del suo essere e, nello stesso tempo, impara l’arte di cercare i segni di Dio nelle realtà del mondo. In un epoca di crescente emarginazione dei valori religiosi della cultura, questo cammino formativo è doppiamente importante: grazie ad esso la persona consacrata non solo può continuare a “vedere” Dio, con gli occhi della fede in un mondo che ne ignora la presenza, ma mesce anche a renderne in qualche modo “sensibile” la presenza mediante la testimonianza del proprio carisma (VC n°68)
La persona amata e chiamata da Dio è il centro da cui partire e arrivare.
Sono chiamate ad un percorso che permette loro di scoprire gradualmente la propria identità vocazionale, alla luce della parola di Dio che offre un strumento necessario per una lettura soprannaturale della propria vita, del Carisma del Fondatore perché i valori siano vissuti in una continuità di tempo e luoghi.
Per noi Figlie di San Giuseppe, la particolarità del Carisma si fonda sull’imitazione di San Giuseppe emulando lo spirito dei primi cristiani (At 2, 42 e Cost. n°42)
Il processo formativo si snoda in due direzioni: La dimensione personale e la dimensione comunitaria
Gli agenti della formazione
 La persona, in tutte le sue dimensioni, diventa centro e punto di partenza per un processo Formativo. Un processo di crescita alla qui base è lo Spirito Santo, primo agente della formazione. “come non si accontentò di chiamare i suoi discepoli, ma pazientemente li formò durante la vita pubblica, cosi, dopo la Resurrezione continuò per mezzo dello Spirito a guidarli alla verità tutta intera. Questo Spirito la cui azione è di ordine diverso dai dati della psicologia dalla storia visibile ma opera anche attraverso queste, agisce nell’intimo del cuore di ciascuno di noi, per poi manifestarsi in frutti ben visibili: è lo spirito di verità che insegna, richiama, guida” (Cf Gv. 14, 26; 16, 12) (PI. n°19).
All’opera dello Spirito è stata associata la vergine Maria, tra tutte le persone consacrate senza riserva a Dio, lei è la prima è anche la più pienamente consacrata a Dio, consacrata nel modo più perfetto. Il suo amore raggiunge il vertice nella maternità divina per la potenza dello Spirito Santo.
Il religioso incontra Maria no solo a titolo esemplare, ma anche a titolo materno. “lei è madre dei religiosi in quanto è madre di colui che fu consacrato e mandato dal Padre”.
Alla luce della Scrittura è possibile aiutare le giovani a leggere la propria storia, con la consapevolezza che ogni stralcio di storia personale, familiare, affettiva è illuminata e inserita in una storia di salvezza “Come l’argilla in mano al vasaio cosi siete voi in mano mia …” (Ger. 18, 6).
In questo progressivo camino di crescita, la comunità assume un ruolo importante, deve quindi sentirsi coinvolta pienamente cercando di creare un clima adatto che permetta alla giovane di sentirsi accolta, sostenuta, amata e accompagnata, in tutte le tappe di maturazione in ogni situazione si venga a trovare. Infatti dal suo vivere, la giovane deve alimentare la propria fede, sperimentare la vita fraterna come luogo di crescita e scuola di perfezione (Cost. n°66).
Il buon esempio della comunità può essere talmente efficace da integrare e per fino rettificare l’azione delle responsabile dirette (At. XII Cap. p. 210). Facendo la fatica di rispettare la libertà di ognuna, evitando la tentazione di valutazione secondo logiche umane dimenticando che la logica evangelica è al di sopra delle misure umane. “La stoltezza di Dio è più saggia degli uomini, e la debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor. 1, 25).
Tutta la tradizione religiosa della Chiesa attesta il carattere decisivo del ruolo degli educatori per la riuscita dell’opera di formazione. Loro compito è di discernere l’autenticità della chiamata alla vita religiosa nella fase iniziale di formazione e di aiutarle a ben condurre il loro dialogo personale con Dio, scoprendo nello stesso tempo le vie nelle quali sembra che Dio voglia farle progredire (1Sam 3,1-9. Spetta anche a loro di accompagnarle sulla strada del Signore (Tb 5,10.17-22). Uno dei compiti principali dei responsabili della formazione è offrire un solido nutrimento dottrinale e pratico in funzione delle tappe di formazione in cui si trovano. Devono verificare e valutare progressivamente il cammino compiuto da coloro di cui essi hanno cura, alla luce dei frutti dello Spirito e giudicare pure se il chiamato ha le capacità richieste in quel momento dalla Chiesa e dall’Istituto (PI n°30). Le formatrici attente all’azione della grazia, sapranno indicare gli ostacoli anche meno evidenti, ma soprattutto mostreranno la bellezza della sequela del signore ed il valore del Carisma in cui essa si compie (VC n°66)
L’intera opera di formazione è il frutto della collaborazione tra i responsabili di formazione e i loro discepoli. Se è vero che il discepolo ne è il primo responsabile umano, questa responsabilità non si può esercitarla che all’interno di una tradizione specifica, quella dell’Istituto, di cui i responsabili di formazione sono i testimoni e gli attori immediati. (PI n°32)
La Formatrice
         Tutta la tradizione religiosa della chiesa attesta il carattere decisivo del ruolo degli educatori  per la riuscita dell’opera di formazione. La chiesa evidenzia e affida alle responsabili della formazione di discernere l’autenticità della chiamata e di accompagnarla nel cammino della risposta, favorendo un processo di personalizzazione dei valori e dando molta importanza all’esperienza, alla ricerca, alla partecipazione attiva e creativa di essa.
         Afferma il documento Potissimum Institutionis n: 31: Oltre ad una buona conoscenza della dottrina cattolica riguardo la fede e il costume, ‘l’esigenza di qualità adeguate risulta dunque evidente per coloro che assumono responsabilità di formazione:
Capacità umana d’intuito e di accoglienza;
Esperienza sviluppata di Dio e della preghiera;
Sapienza che deriva dall’attento e prolungato ascolto della parola di Dio;
Amore della liturgia e comprensione del suo ruolo nell’educazione spirituale ed ecclesiale;
Competenza culturale necessaria;
Disponibilità di tempo e buona volontà per dedicarsi alla cura personale dei singoli candidati e non soltanto del gruppo’(DC 20).
La formatrice deve diventare madre nello Spirito.
Non è vera madre:      
Chi crea dipendenza;
Chi per esistere e sentirsi viva…progetta organizza fa tante cose;
Chi si crede onnipotente;
 Chi vede dovunque pericoli, errori insidie difficoltà;
Chi gestisce il rapporto con l’altro, con una corazza valutativa fredda distaccata, giuridica facendo riferimento a regole e leggi;
E’ vera madre:
Chi, pur stando in silenzio e non invadendo, fa sentire la sua vicinanza, il suo sostegno, il suo amore nei momenti di dolore.
Chi invece di dire cosa si deve fare, dove si deve andare, ascolta, aiuta ad esplorare le ferite, offre l’occasione per stare da soli e di affrontare il rischio di penetrare nei sentimenti spesso imbarazzanti e disonorevoli, rintracciandone le radici.
 Chi non cerca di cambiare l’altro;
Chi non ha un’idea astratta della persona. Perché l’idea distorce la realtà e non fa vedere;
Chi ama vedendo realmente l’altro. Vedere e morire al proprio io, alle proprie categorie mentali, ai pregiudizi, alle etichette, alle aspettative, ai giudizi e all’esperienze passate;
Questo compito dunque richiede serenità interiore, disponibilità, pazienza, comprensione ed un vero affetto per coloro che sono stati affidati alla responsabilità pastorale dell’educatore;
L’intera opera di formazione è il frutto della fiducia e del rispetto reciproco delle decisioni che ogni responsabili della formazione può e deve prendere nei confronti di chi è in formazione, anche quando queste decisioni incomprese, riguardano la dimissione dall’Istituto.
Collaborazione tra i responsabili di formazione e i loro discepoli e tra i responsabili delle diverse tappe del cammino Se esiste un’equipe formatrice, i membri devono agire d’accordo, vivamente coscienti della loro comune responsabilità “sotto la guida del superiore siano in strettissima unità di spirito e di azione e formino una famiglia unita fra loro e con quelli che devono formare” (OT 5b)
Papa Giovanni Paolo II ci ricorda: Nonostante i grandi bisogni apostolici e le situazioni d’urgenza in cui le famiglie religiose operano, rimane prioritaria un’attenta cura nella scelta e nella preparazione dei formatori e delle formatrici. Si tratta di uno dei misteri più difficili e delicati, che richiede tutto il vostro appoggio e fiducia…..
I  giovani e le giovani hanno soprattutto bisogno di maestri che siano per loro : uomini di Dio, conoscitori rispettosi del cuore umano e delle vie dello Spirito, capaci di rispondere alle loro esigenze di maggior interiorità, di esperienza di Dio e di fraternità, di iniziazione alla missione. Formatori che sappiano educare al discernimento, alla docilità e all’obbedienza, alla lettura dei segni dei tempi e dei bisogni della gente , a rispondervi con sollecitudine e audacia in piena comunione ecclesiale (Atti IV Conv. CISM, 1986).
Nel Vangelo Marta appare una vera discepola di Gesù, una teologa, una donna che interpreta la Parola. Maria, la madre di Gesù si interroga sulla condanna e sulla morte del figlio, la samaritana vuole capire se stessa, capire Gesù, capire l’adorazione a Dio. Maria di Betania offre un’interpretazione regale della sepoltura di Gesù. Gesù parla con loro di teologia stabilendo un dialogo che ci stimola, incoraggia anche noi a intraprendere questa strada ogni volta con più passione e dedizione e con la consapevolezza che il Signore ci guida per mano.
FINE
Il percorso formativo mira allo sviluppo armonico di tutta la persona, nella consapevolezza della propria identità vocazionale, come persone consacrata appartenete a Dio e come tale matura per accogliere ed accertare le sfide del mondo e rispondere ad esse attraverso il servizio d’amore.
OBIETTIVI DELLA FORMAZIONE
La formazione ha come obbiettivo un “cammino armonico, dove alla base di tutto si rende necessario un deciso aiuto che miri principalmente ad una crescita umana; si tratta di educare alla verità che permette gradatamente la possibilità di fare scelte trasparenti di fronte a chiunque e in ogni circostanza, alla responsabilità perché, solo la verità e la responsabilità possono permettere una conquista graduale della libertà personale e sviluppare la disposizione al dono di se fino renderla atteggiamento costante nella relazione con Dio, con le persone e nei confronti del proprio impegno”.  (At. Cap. pag. 137)
La formazione ad una crescita integrale, si  basa su 3 pilastri: Crescita Umana, Cristiana e Religiosa
Crescita umana: “Chi è chiamato deve preoccuparsi di crescere in umanità. L’equilibrio, l’amore per verità, il senso di responsabilità, la fermezza della volontà, il rispetto per ogni persona, il coraggio, la coerenza, lo spirito di sacrificio sono elementi rilevanti, anzi necessari, per l’esercizio della vita religiosa. Così pure il modo autorevole e fraterno di entrare in rapporto con gli altri, la sincerità, la discrezione, il modo maturo di presentarsi e di esprimersi, sono chiavi che aprono le porte della fiducia, dell’ascolto, della confidenza. Diventare umanamente maturi è perciò un obiettivo fondamentale della formazione” (cfr. Form. dei Presbiteri. Pag. 94).
Per fare crescere questi aspetti della maturità umana, si coltiveranno in particolare alcuni aspetti:
 – Capacita di una rilettura della propria storia, sviluppando la libertà interiore che permette di chiamare ogni situazione col proprio nome evitando di incrementare spiritualismi molto lontani dalla realtà concreta.
–  Educare al dialogo comunitario nella cordialità, nell’amore, insegnando ad accogliere le diversità come ricchezza, integrare diversi modi di vedere e sentire. Rispettare i tempi di crescita di ciascuna. Come ci ricorda il documento Ripartire di Cristo“In circostanze nelle quale prevale la rapidità e la superficialità abbiamo bisogno di serenità e profondità perché in realtà la persona si costruisce molto lentamente”
    “E necessario mettere in atto un dialogo formativo capace di accogliere le caratteristiche umane, sociali e spirituali di cui ognuno è portatore di discernere in esse i limiti umani che chiedono il superamento, e le provocazioni dello Spirito, che possono rinnovare la vita del singolo e dell’Istituto” (RC n° 18).
–  Accompagnarle nella conquista di scelta libere e coerenti.
– Educare la volontà di coordinare le energie verso la meta, alla responsabilità, alla capacità di prendere iniziative e saperne pagare le conseguenze.
–  Educare all’ottimismo di fronte a ostacoli, fatica e sofferenze.
Crescita Cristiana: Partendo della consapevolezza di ciò ché una è, si ritiene necessario une impegno che permetta a chi in camino di scoprire, sviluppare…. perché ci sia un graduale passaggio da una logica umana ad una logica di fede che aiuta a guardare alla propria e alla vita degli altri, attraverso l’ottica di Cristo. Per noi avendo San Giuseppe come modello, si tratta di aiutare le giovane ad una apertura di orizzonte più ampio. Il sogno di San Giuseppe lo apre ad un nuovo orizzonte, più ampio perchè è l’orizzonte di Dio da sveglio intraprende scelte che secondo il logico umane sono impensate aiutarle gradualmente a motivare e dare un senso evangelico a ciò che si è in rapporto a se stessa e agli altri e a ciò che si fa.
Crescita Religiosa: La formazione accompagnerà la Figlia di San Giuseppe dal primo ingresso nell’Istituto al raggiungimento della statura di cristi in cui “l’uomo a acquistato la piena coscienza della sua dignità, della sua elevazione, del valore trascendente della propria umanità, nel senso planetario della sua esistenza” (RH n°2). Comporta una maggiore consapevolezza della propria vocazione quale propria dell’Istituto, sperimentarne lo stilo di vita, formarsi mente e cuore secondo il suo spirito, alimentare il senso di appartenenza all’Istituto con la partecipazione attiva e la dedizione totale a ciò che l’Istituto è e a ciò che fa.
Nella formazione umana non si raggiungono mai “tappe” ma occorre perfezionare continuamente la vita. Deve sentirsi forte l’esigenza di migliorare.
La formazione nell’unità del suo processo si presenta attraverso di versi fasi: Pre-postulato, Postulato, Noviziato e juniorato. Ognuna di questa fase si presenta complementari nel senso che deve esistere uno stretto collegamento tra l’una e l’altra perché unico itinerario da realizzare, con gradualità e continuità.
Pre-postulato
Favorire la scoperta delle motivazioni della propria scelta tenendo conto della storia familiare, affettiva e vocazionale. Si renda chiaro alla candidata che esistono altre vie per servire il Signore, oltre quella della consacrazione religiosa in Istituto specifico. Si dia una conoscenza dell’Istituto nella generalità, delle sue attività e della sua storia (Fondatore). Riscoprire e valorizzare i talenti e le qualità umane. Alcuni lezioni di galateo, educare alla responsabilità per prendersi cura degli ambienti in cui abitano . Il programma del pre-postulato comprende: iniziazione alla preghiera, studio della biografia del fondatore e conoscenza generale dell’Istituto. Formare le persone a riappropriarsi del tempo, non subendolo, ma imparando ad accoglierlo come dono ed entrare con sapienza nel ritmo fissato da Dio immutabile ed eterno che segna lo scandire del tempo. In modo del tutto particolare imparare a lasciarsi plasmare dall’Anno liturgico, alla cui scuola rivive progressivamente in se i misteri della vita del Figlio con i suoi stessi sentimenti per ripartire dalla sua pasqua di morte e resurrezione ogni giorno della vita (RC. n°15). Mira ad un sviluppo armonico della persona, in tutte le sue dimensioni. 
Postulantato
Il postulato è il periodo che prepara immediatamente il noviziato. E’ un periodo di ricerca, di discernimento e di scelta. In questo cammino graduale è importante coltivare il confronto con la Parola e il rapporto personale con Gesù,  la filiale devozione a Maria e San Giuseppe, nostro modello nel servire Gesù e Maria nelle diverse circostanze della vita.
Si caratterizza soprattutto per una più intensa formazione umano- cristiana e religiosa, attraverso un processo graduale nella costruzione della propria identità, come persona mediante un impegno responsabile e graduale nella autoformazione con lo studio, la ricerca e l’impegno personale per rendere attuale e concreto ciò che si apprende nella formazione, come chiamata attraverso l’acquisizione di una capacità critica che permette un maggiore discernimento e uno sviluppo della maturità che permette di tagliare con tutto ciò che non è in sintonia con la scelta fatta, fino alla scoperta del vero senso del silenzio e della rinuncia.
La giovane, aperta alla vita comunitaria e apostolica, scopre il valore delle relazioni interpersonali, nel dialogo, nell’accettazione e nell’amore ad ogni fratello senza nessuna discriminazione e nella collaborazione, che diventano anche momenti di verifica della reale capacità alla vita comune, nello spirito di famiglia si apre alla fiducia e alla corresponsabilità, impara a prestarsi ad ogni tipo di servizio.
L’istituto verifica le attitudini della giovane, il grado di maturità umano cristiano raggiunto e la capacità di vivere in comunità nella quale deve “regnare la santa allegrezza prinettiana, la gioia che ha il fondamento nella predilezione e nella chiamata del Signore, a fare di sé un dono totale di amore” (Dir. n°150).
Noviziato
Il noviziato è il periodo più decisivo della formazione in quanto la giovane si sente chiamata da Dio e desiderosa a seguire Cristo, viene introdotta nella vita dell’Istituto.
Tenendo conto che gli obiettivi di maturazione umana e cristiana delle fasi precedenti devono essere sempre presenti e in fase di consolidamento, perché la novizia maturi armonicamente e integralmente, è specifico del noviziato portare la giovane al rapporto personale-sponsale, alla radicalità della sequela con Cristo casto, povero e obbediente operando le rotture che i voti religiosi esigono e formandosi uno spirito di preghiera confidente all’amore dell’ Eucaristia.
Prendere coscienza più profonda della vita comunitaria, sperimentarne lo stile di vita, formarsi mente e cuore secondo lo spirito dell’Istituto e verificare le intenzioni e la loro idoneità (PI n°45).
Conoscere e assimilare lo spirito delle Costituzioni, educarsi alla convinta osservanza di esse, animare il senso di una vera appartenenza all’Istituto, fare proprio lo stile di vita di san Giuseppe. Approfondire la dottrina del Fondatore e assimilarne la spiritualità.
Juniorato
         “I voti con cui i consacrati si impegnano a vivere i consigli evangelici, conferiscono tutta la loro radicalità alla risposta d’amore. La verginità dilata il cuore sulla misura del cuore di Cristo e rende capaci di amare come lui ha amato. La povertà rende liberi dalla schiavitù delle cose e dei bisogni artificiali a cui spinge la società dei consumi, e fa riscoprire Cristo, l’unico tesoro per il quale valga la pena di vivere veramente. L’obbedienza pone la vita interamente nelle sue mani perché egli la realizzi secondo il disegno di Dio e ne faccia un capolavoro. Occorre il coraggio di una sequela generosa e gioiosa” (RC n°22)
Lo juniorato corrisponde a tutto il periodo dei voti temporanei; è un tempo particolarmente importante e delicato per la maturazione vocazionale e per la preparazione ai voti perpetui. Il fine è quello di offrire alla professa l’opportunità di verificare e approfondire nella vita concreta la propria scelta vocazionale come Figlia di San Giuseppe. Il Codice di Diritto riguardo a questo periodo afferma: “ si continui la formazione perché possano condurre più integralmente la vita propria dell’Istituto e rendersi meglio idonei a realizzarne la missione” (CDC 659)
E’ il tempo in cui il dinamismo della sequela avvia due processi fondamentali. La personalizzazione integrale del carisma e l’estensione a tutte le aree della personalità della “nuova” identità. Da un lato è richiesta la capacità di cogliere sempre più il carisma come propria identità, dall’altro è chiesta la pratica coerente e globale, ma anche coraggiosa e inventiva di ciò in cui si è impegnate per seguire il Signore dovunque chiami (Atti Capitolo 2004 pag. 141).
E’ il periodo in cui si fa un cammino per raggiungere una certa stabilità e solidità per cui è necessario avere la possibilità di verifiche e confronti con accanto figure-guida che sostengono , accompagnino e guidino lungo tutto il cammino (cf Cost.n° 163-167; Dir. 163).Nel periodo iniziale è fondamentale che, nella fase di consolidamento, della loro identità gli impegni formativi mirino solo ed esclusivamente al bene della persona, alla sua crescita e tenga conto dei bisogni, delle sue fragilità e potenzialità. A questo proposito si ritiene quasi indispensabile una continuità di formazione che passa attraverso la figura delle maestre di formazione (Postulantato e Noviziato) e ancor di più nella collaborazione e la condivisione tra le figure significative impegnate nella loro crescita, presenti anche nelle comunità a cui appartengono e in cui sono chiamate a vivere concretamente la loro consacrazione. In questo processo formativo , soprattutto nei primi anni di voti, è importante che ci siano figure designate a questo compito formativo, capaci di accogliere, ascoltare e dare delle direttive perché possano vivere pienamente la giovinezza del loro amore e del loro entusiasmo per Cristo e siano capaci di vivere la loro scelta nelle realtà concrete in cui sono chiamate a rispondere.
Soltanto la consapevolezza di essere oggetto di un amore infinito può aiutare a superare ogni difficoltà personale e dell’Istituto.
Le persone consacrate non potranno essere creative, capaci di rinnovare l’istituto e aprire nuove vie di pastorale se non si sentono animate da questo amore. E’ questo amore che rende forti e coraggiosi, che infonde ardimento e fa tutto osare.
Nello junorato, le juniori siano guidate a maturare la fedeltà alla propria vocazione e a rafforzare il gusto dello studio e del lavoro, il senso della responsabilità e lo zelo apostolico (cfr Dir. 165). “La formazione deve essere sistematica adeguata alla recettività dei membri, spirituale e apostolica, dottrinale e insieme pratica, e portare anche al conseguimento dei titoli convenienti, sia ecclesiastici sia civili secondo le necessità”
Per tutta la vita i religiosi proseguono assiduamente la propria formazione spirituale, dottrinale e pratica (CDC 661).
Formazione permanente
 In ogni stato bisogna prepararsi (Padre F. Prinetti Istruzioni II pag 273).
La formazione iniziale deve saldarsi con quella permanente creando nel soggetto la disponibilità a lasciarsi formare in ogni giorno della vita, tenendo presente che il grande tesoro del dono di Dio è custodito in fragili vasi di creta (cfr 2Cor 4,7)
La formazione permanente consiste nell’impegno di consolidare, ravvivare e sviluppare la propria identità in una progressiva e costante configurazione a Cristo, secondo il carisma di fondazione e le istanze storiche della chiesa e del mondo. Questa fase può presentare il rischi dell’abitudine e la conseguente tentazione della delusione per la scarsità dei risultati (VC .n°70). E’ necessario allora aiutare le persone consacrate di mezza età a rivedere, alla luce del Vangelo e dell’ispirazione carismatica, la propria opzione originaria, non confondendo la totalità della dedizione con la totalità del risultato E’ l’atteggiamento di chi permane nello stato di formazione, di chi, cioè si ritiene sempre in cammino e mai arrivato, in cammino di conversione interiore e di rinnovamento nella vocazione, definita per sempre dalla, professione perpetua attraverso la riscoperta delle motivazioni di fede proprie delle scelte vocazionali.
La motivazione della formazione permanente nasce da una concezione dinamica della vita religiosa e della fedeltà a Cristo perché la persona e la consacrazione non sono realtà statiche , in quanto Dio continua a chiamare nell’oggi a vivere e ad attualizzare il nostro carisma per essere in grado di leggere i segni dei tempi e di dare risposte adeguate (Atti Capitolo 92). La dimensione culturale e professionale implica un aggiornamento continuo e una particolare attenzione ai diversi campi al quale il nostro carisma indirizza. E’ dunque necessario mantenersi aperti menta mentalmente e il più possibili duttili perché il servizio sia concepito e reso secondo le esigenze del proprio tempo avvalendosi degli strumenti forniti dal progresso culturale (VC n°71). Le donne consacrate sono chiamate sono chiamate in modo tutto speciale ad essere, attraverso la loro dedizione vissuta in pienezza e con gioia, un segno della tenerezza di Dio verso il genere umano ed una testimonianza particolare del mistero della Chiesa che è vergine, sposa e madre (VC 57).
E’ importante avere lo sguardo di chi sa che la storia della Chiesa è condotta da Dio e che tutto concorre al bene per quelli che lo amano (cfr Rom 8,28). In questa visione di fede, anche il negativo può essere occasione per un nuovo inizio (RC n°11).
Le sfide della Vita Consacrata
Le sfide più impegnative che la formazione si trova ad affrontare provengono dai valori che dominano la cultura globalizzata dei nostri giorni.
Un’esistenza trasfigurata dai consigli evangelici, diventa testimonianza profetica silenziosa, ma insieme eloquente protesta contro un mondo disumano. Essa impegna alla promozione della persona e risveglia una nuova fantasia della carità. (RC n°33). Il compito profetico ella vita consacrata viene provocato da tre sfide principali: sono sfide di sempre, che vengono poste in forma nuove e forse più radicali. Esse toccano direttamente i consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza.
La prima provocazione è quella di una cultura edonistica che svincola la sessualità da ogni norma morale oggettiva riducendola spesso a gioco e consumo. La risposta della vita consacrata sta innanzitutto nella pratica gioiosa della castità perfetta quale testimonianza della potenza dell’amore di Dio, nella fragilità della condizione umana. E’ necessario che la vita consacrata presenti al mondo di oggi esempio di una castità vissuta da uomini e donne, che dimostrano equilibrio dominio di sé, intraprendenza, maturità psicologica e affettiva. La castità consacrata appare così come esperienza di gioia e di libertà.
Altra provocazione è oggi quella di un materialismo avido di possesso, disattento verso le esigenze e le sofferenze dei più deboli.
Alle antiche forme di povertà se ne sono aggiunte di nuove: la disperazione del non senso, l’insidia della droga, l’abbandono nell’età avanzata o nella malattia, la discriminazione o emarginazione sociale. La risposta della vita consacrata sta nella professione della povertà evangelica, vissuta in forme diverse e spesso accompagnata da un attivo impegno nella promozione della solidarietà e della carità.
La terza provocazione proviene da quelle concezioni della libertà in realtà la cultura della libertà è in autentico valore, intimamente connesso col rispetto della persona umana. Ma chi non vede a quali abnormi conseguenze di ingiustizia e persino di violenza porta, nella vita dei singoli e dei popoli, l’uso distorto della libertà? Il voto dell’obbedienza testimonia che non c’è contraddizione tra obbedienza e libertà.(VC n°87-91)
La missione, nelle sue forme antiche e nuove, è prima di tutto un servizio alla dignità della persona in una società disumanizzata (RC n°35).
Le nuove vocazioni che bussano alle porte della vita consacrata, presentano profonde diversità e necessitano di attenzioni personali e metodologie adatte ad assumere la loro concreta situazione umana, spirituale e culturale. Per questo è necessario mettere in atto un discernimento sereno, libero dalle tentazione del numero o dell’efficienza. (RC)
Lo sviluppo dei mass- media e nuove tecnologie, non possono non essere prese in considerazione nel periodo di formazione: si tratta di un aspetto di formazione della coscienza. I giovani devono imparare come vivere bene nel mondo del ciberspazio, saper giudicare quanto vi trovano secondo sani criteri morali e utilizzare la nuova tecnologia per il proprio sviluppo integrale. (Atti Cap.2004